trojan panda | peau @ music map (it)
Tre chitarre, un basso e una batteria suonate da due sassofonisti, due pianisti e un fagottista. Cosa potrà andare storto? Il suono! Nati per scherzo, i Trojan Panda hanno sviluppato un approccio improvvisato basato sul reciproco ascolto ed inseguimento. L’album d’esordio “Peau”, appena uscito per Carton Records, mostra questa peculiarità, che a seconda delle direzioni di ciascun brano, dà esiti diversi. Coraggioso dare l’apertura a “Black Madonna”, praticamente un post punk improvvisato, che spesso e volentieri finisce nel noise, e dura 13 minuti. Se uno non è pronto, forse poi non se la sente di continuare. Invece “Mythomane” è più comprensibile: una chitarra inizia a ripetere un bicordo, la seconda intona una nota che non fa parte di quel bicordo, ma che indica una possibile variazione, e infatti la prima chitarra coglie il suggerimento e si allaccia all’accordo che ne esce. La terza chitarra poi indica un’altra strada armonica, e gli altri la seguono e così via, a indicarsi la direzione, come un fluido che si fa spazio tra le righe delle mattonelle. Quando parte, il basso sotto si mantiene stabile su una nota, dando staticità ai vari percorsi (e in un certo senso annullandoli), mentre la batteria commenta il tutto con una ritmica gentile. Si sente la provenienza accademica dei componenti, in quanto decidono di prendere la corale a quattro voci di Bach “Christus der uns selig macht”, e ogni strumento esegue una delle voci. Il risultato è parossistico, beffardo. “Sylvie coiffure” è un’altra improvvisazione su basso e batteria stabili. Giocano soprattutto con le ritmiche qui, fortemente contrastanti. Se l’ispirazione è l’acconciatura di questa Sylvie, deve avere una capigliatura d’avanguardia, con pesanti sforbiciate! “Karolientje in haar blootje” sono 39 secondi di andamento zoppo, tra accordi che si bloccano nel silenzio, mentre “Joie de vivre” dev’essere un titolo ironico, dato che la batteria è cadenzata, una chitarra tira pigramente le corde con la leva, una ribatte un accordo rivolto dando proprio la sensazione di “buttarlo là”, mentre la terza si agita ansiosa. Invece “Animal” tranquillizza, come in un finale rasserenante, dopo un’odissea di paure e dolori. Bisogna ascoltarlo tutto, questo disco, ed allora si uniscono i punti. (Gilberto Ongaro)